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Uso di cannabis negli anziani: nessun impatto sulle funzioni cognitive

L’uso di cannabis negli anziani è spesso al centro di dibattiti e pregiudizi, soprattutto in merito al suo impatto sulle capacità cognitive. Tuttavia, uno studio pubblicato sul Journal of the International Neuropsychological Society dimostra che l’uso di cannabis negli anziani non comporta peggioramenti cognitivi. I ricercatori dell’Università del Michigan hanno valutato 540 soggetti over 55, confrontando le performance tra consumatori moderati e non consumatori. I risultati? Nessuna differenza significativa in attenzione, memoria, linguaggio, abilità visuo-spaziali o funzioni esecutive.

È importante sottolineare che l’uso di cannabis negli anziani, se moderato, è generalmente ben tollerato. Questo studio ribalta lo stereotipo del “fumatore stupido”, evidenziando come la cannabis possa essere parte integrante di un approccio terapeutico personalizzato, soprattutto quando usata per migliorare la qualità della vita. Quindi, affermare che chi fa uso di cannabis diventa meno lucido è un pregiudizio infondato, non supportato da dati clinici. In un contesto clinico controllato, l’uso di cannabis negli anziani può rappresentare una valida opzione terapeutica.

Inoltre, l’adozione di cannabis come supporto nelle cure può essere valutata caso per caso da specialisti, tenendo conto della condizione clinica complessiva e delle esigenze terapeutiche individuali.


Il crescente uso di cannabis negli anziani si lega al desiderio di migliorare benessere e autonomia. Circa un anziano su cinque utilizza prodotti a base di cannabis, principalmente per gestire dolore cronico, insonnia e ansia. È interessante notare che molti riportano un miglioramento della qualità della vita, senza effetti collaterali significativi. Questo dato rafforza l’idea che l’uso di cannabis negli anziani sia non solo sicuro, ma anche efficace in contesti ben definiti.

L’uso di cannabis negli anziani va inquadrato come parte di una medicina integrata. La cannabis non è un “salto nel vuoto”, ma una possibilità clinica supportata da evidenze crescenti. Per esempio, in patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, il rapporto THC:CBD 1:1 ha mostrato effetti benefici su sonno, appetito e comportamento. Anche nei casi di sclerosi multipla, il Sativex – uno spray a base di cannabis – è già impiegato con successo.

Tutti questi elementi dimostrano che l’uso di cannabis negli anziani, quando supervisionato da medici esperti, è un approccio terapeutico serio, razionale e basato sull’evidenza. Continuare a ignorarlo per timore di pregiudizi significa privare molti pazienti di un’opportunità.


Se pensiamo all’uso di cannabis negli anziani, dobbiamo superare l’idea antiquata che associ la cannabis a perdita di lucidità o scarsa intelligenza. I dati clinici, invece, suggeriscono che l’uso di cannabis negli anziani non è associato a decadimento cognitivo, nemmeno in soggetti che la utilizzano regolarmente. Gli effetti positivi si estendono anche al benessere emotivo, con una riduzione dell’irritabilità e dei disturbi del sonno.

Inoltre, l’uso di cannabis negli anziani può aiutare a diminuire il consumo di farmaci più aggressivi come oppioidi o ansiolitici, riducendo così il rischio di dipendenza e di effetti collaterali importanti. Per questi motivi, un piano terapeutico che includa la cannabis non solo è possibile, ma auspicabile in una medicina che vuole essere moderna, umana e centrata sulla persona.

Infine, è utile ricordare che l’uso di cannabis negli anziani è regolamentato in Italia da protocolli precisi e accessibile anche attraverso il supporto di associazioni specializzate come Carlo Therapy, che garantiscono continuità terapeutica, e assistenza personalizzata. La medicina del futuro è già qui.

Fonte: https://www.cambridge.org/core/journals/journal-of-the-international-neuropsychological-society/article/cannabis-use-and-cognition-in-older-adults-preliminary-performancebased-neuropsychological-test-results-and-directions-for-future-research/39E496F17435AF7299311B4762F87310 

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